Arti e spettacolo
Li tamurrë del Gran Sasso
Tamburi e pifferi a Isola del Gran Sasso
Al ritmo cadenzato dei tamurrë, sui piccoli altopiani rocciosi che sovrastano i boschi e gli abitati più a valle, le processioni si muovono attorno agli edifici di culto, con movimenti circolari e ripetitivi. Il suono del piffero, della grancassa e del tamburo, accompagna le celebrazioni e scandisce i tempi delle azioni rituali. I colpi delle membrane riecheggiano nel paesaggio come un’onda sonora, riverberano sulle pareti delle chiese e nelle cavità rocciose, si insinuano fra gli speroni di pietra incastrati agli altari e alle mura, dove transitano i fedeli. Le sante della montagna incedono con passo sicuro, guidate dall’andatura e dalle melodie delle antiche sonate processionali.
“È una sonata antica, che ne sai da dove viene? La sonata di tamburi è una cosa che si può accordare un po’ suonata a orecchio, io c’ho sempre avuto una passione col tamburo, sentendo queste sonate le ho provate anch’io”
Enzo Mattucci, 27 agosto 1982
La formazione dei cosiddetti tamurrë, caratteristica della Valle Siciliana e della Valle del Fino, nella parte centro-meridionale della provincia di Teramo, è composta da una gran cassa e un tamburo di fattura artigianale, con pelli di capra e tiranti, e un flauto traverso a sei fori detto piffero, a volte sostituito o affiancato negli ultimi decenni dall’organetto a due bassi; in alcuni organici strumentali possono aggiungersi anche i piatti e il rullante, di derivazione bandistica. Squadre di tamurrë sono attestate a Pretara, a Fano a Corno, a Forca di Valle, a Casale San Nicola, a Cerchiara e a San Massimo, nel comune di Isola del Gran Sasso, e a Befaro, nel comune di Castelli, dove fino a tempi recenti erano anche attivi costruttori di gran casse e tamburi. Organici di tamurrë hanno trovato ulteriore diffusione nell’area del Medio Vomano, in forma rituale o questuante in occasione della festa di sant’Antonio abate. Le ricerche etnomusicologiche condotte a partire dagli anni Ottanta del Novecento ipotizzano la derivazione di questo genere di squadre da formazioni militari di probabile origine spagnola; il loro impiego in chiave processionale è tuttora riscontrato in alcune feste religiose dell’area montana. Nei contesti cerimoniali i tamurrë hanno elaborato nei secoli delle specifiche suonate itineranti, come La Diana, eseguita la domenica mattina come segnale della festa; assieme ai brani Le processioni, I vespri, La casa patrona e I fuochi forma il corpus del repertorio più arcaico che ogni formazione di tamurrë propone durante gli itinerari che accompagnano i cortei religiosi nelle località di montagna. A Casale San Nicola è documentata un’antica sonata processionale, eseguita con una cadenzata ritmica ternaria durante le processioni di Santa Maria di Pagliara e di Santa Colomba, attorno alle chiesette rupestri poste sugli speroni rocciosi del territorio di Isola del Gran Sasso.
La processione
Casale San Nicola (TE), 27 agosto 1982. Registrazione di Maurizio Anselmi, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
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Li tamurrë del Gran Sasso
Famiglia di suonatori
Foto di Maurizio Anselmi, Casale San Nicola (TE), 27 agosto 1982, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.


Li tamurrë del Gran Sasso
Misurazione di una grancassa
Foto di Maurizio Anselmi, Casale San Nicola (TE), 27 agosto 1982, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.


Li tamurrë del Gran Sasso
Gli strumenti
Foto di Maurizio Anselmi, Casale San Nicola (TE), 27 agosto 1982, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.


Li tamurrë del Gran Sasso
Suonatore di piffero
Foto di Stefano Saverioni, Eremo di Santa Colomba, Pretara di Isola del Gran Sasso (TE), 1° settembre 2013, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.


Li tamurrë del Gran Sasso
Li tamurrë di Pretara in azione
Foto di Stefano Saverioni, Eremo di Santa Colomba, Pretara di Isola del Gran Sasso (TE), 1° settembre 2013, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
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Suonatore di piffero
Pretara (TE), 1° settembre 2013. Riprese di Stefano Saverioni, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
Trasmissione e salvaguardia
Il repertorio e l’azione rituale dei tamurrë sono ancora in funzione in alcune località della montagna, in particolare nella frazione di Pretara di Isola del Gran Sasso, dove sono anche mantenute le tecniche costruttive del piffero, della grancassa e del tamburo ad opera di Gino Tomolati; la costruzione degli strumenti è mantenuta anche a San Massimo di Isola, per iniziativa di Roberto Vantini. Risulta invece estinta la pratica costruttiva a Befaro di Castelli, di pertinenza della famiglia Francia.
Negli ultimi decenni i costruttori-suonatori sono stati al centro di una intensa attività di pratica strumentale e realizzativa, che ha portato a una significativa diffusione, in particolare di grancasse e tamburi, anche dentro formazioni normalmente impegnate in attività performative di carattere musicale non necessariamente orientate ad ambiti rituali, secondo la tradizionale prerogativa delle squadre di tamurrë. Gli stessi organici di tamburi e pifferi si sono del resto prestati nel corso degli anni ai più svariati utilizzi del loro repertorio, partecipando a un’ampia tipologia di feste a carattere profano, anche mediante l’innesto dell’organetto a due bassi. Se da un lato questo fenomeno ha portato a una pratica stabile e allargata, ha dall’altro prodotto una standardizzazione dei repertori e il progressivo impoverimento delle tecniche e dei saperi esecutivi legati alle sonate più antiche. È inoltre da riscontrare la scomparsa di numerosi organici strumentali, un tempo ampiamente attestati e diffusi, e la definitiva estinzione di secolari “dinastie” di costruttori-suonatori senza che un vero e proprio processo di salvaguardia sia stato messo in campo.