Espressioni orali e linguistiche

Sturnillë di mietitura

Il canto di lavoro agricolo a Colledoro

Colledoro è un paese dove si canta e si suona, durante l’inverno, nelle case, o per le serenate e le feste, in primavera e in estate. Adagiato fra le colline a ridosso del Gran Sasso, un colle d’oro di coltivazioni e prati assolati, è un luogo in cui persistono tracce ancora nitide di antiche canzoni d’amore, stornellate per la mietitura, canti rituali per la Settimana Santa, voci che raccontano in versi le storie del paese, l’arrivo della luce elettrica, gli scambi e le amicizie, gli animali e i boschi vicini. Con gli stornelli si esprimono le emozioni in prima persona, intrecciando i propri destini e le reciproche parole creative, l’affetto e i sentimenti più intimi, i dubbi e le provocazioni, fino alla pace che quasi sempre li conclude: “Stringiti accanto a me sarai contenta, tu sei il cuore mio io la speranza”.

“Si ballava, tremava la casa per quanta gente c’era. Sempre si cantava, quando si mondava, quando si sarchiava…tutte le canzoni si potevano cantare, ma la mietitura, gli stornelli, cominciavamo e poi un’altra rispondeva, e si seguitava”.
Domenica Russi, 28 maggio 2010

Nella piccola comunità di Colledoro il canto accompagnava in passato il lavoro agricolo ed era strumento di dialogo, di tensione e distensione delle relazioni sociali. Si cantava per alleviare la fatica e corteggiare, da un campo all’altro, o per trasmettersi informazioni sugli appuntamenti serali e indicare i luoghi delle feste e dei balli sull’aia, per discutere in una forma ritualizzata e controllata dal verso, dall’ironia, dall’estemporaneità del messaggio. Questa forma particolare di comunicazione attuata con il canto di mietitura detto sturnillë, si realizza grazie a un processo improvvisativo sviluppato dentro un modulo metrico di un endecasillabo. Poco spazio è lasciato alla variazione melodica, che si limita ad abbellimenti (acciaccature, oscillazioni microtonali, glissandi), ma il contenuto verbale è spesso inventato al momento e comunque costruito ricorrendo all’ausilio mnemotecnico di uno “stile formulare”, nel quale dei “moduli mnemonici” sono utilizzati e di volta in volta adattati alle circostanze e alla necessità di rispondere al cantore precedente secondo una concatenazione logica delle strofe, in un’alternanza continua di provocazioni, risposte, allusioni.La necessità di coprire grandi distanze formava voci potenti e penetranti, che non si sono perse con il tempo. Le voci “all’antica” di Domenica Russi e di Angelo De Dominicis (‘Ngiulinë) dipendono da questa pratica stratificata e attuata durante la giovinezza, e dall’aver ricevuto uno stile per “impregnamento”, attraverso l’ascolto dei vecchi di allora. Si sono così riallacciate alcune genealogie del canto e delle suonate, dando rilievo a qualche interprete dimenticato come il vecchio Ilario Ventilii, con cui Angelo trascorreva le sue giornate incantato dalle storie che i canti mettevano in forma musicale, deposito vivente di una grande memoria musicale; o come il suonatore Giuseppe Russi (Giose), detto lu padreternë, da cui il figlio Pierino Russi ha appreso gran parte delle sue suonate. Famiglie di cantori e famiglie di suonatori, che attraverso la musica esprimevano una cultura del canto e del comunicare condivisa dalle zone contrassegnate dall’attività agricola, anche nelle aree interne prossime alle montagne, disseminate di masserie e case sparse, di coloni e proprietari, di famiglie un tempo numerose e impegnate nella coltivazione dei campi, in un regime di scambio, di aiuto e di convivenza.

Sturnillë a la mietiturë

Angelo De Dominicis, voce; Domenica Russi, voce.
Colledoro (TE), 15 marzo 2007.
Registrazione di Marco Magistrali, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.

Ascolta il brano

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Sturnillë di mietitura
Domenica e Angelo
Domenica Russi e Angelo De Dominicis durante l’esecuzione di una stornellata.

Foto di Gianfranco Spitilli, Colledoro (TE), 2 maggio 2007, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
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Sturnillë di mietitura
Un canto collettivo
Domenica Russi, Angela Domenica De Dominicis, Pietro di Gabriele e Angelo De Dominicis intonano un canto.

Foto di Gianfranco Spitilli, Colledoro (TE), 26 aprile 2007, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
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Sturnillë di mietitura
Canto e organetto
Domenica Russi intona stornelli sull’organetto di Giovanni Cotogno.

Foto di Gianfranco Spitilli, Colledoro (TE), 17 marzo 2007, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
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Sturnillë di mietitura
Contadine
La squadra di lavoro di Domenica Russi (quarta da sinistra) nelle campagne di Colledoro.

Archivio famiglia Frattaroli-Russi, Colledoro (TE), Teramo, anni Cinquanta del Novecento.
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Sturnillë di mietitura
Buoi aratori
Coppia di buoi aratori di Umberto Frattaroli al lavoro.

Archivio famiglia Frattaroli-Russi, Colledoro (TE), Teramo, anni Settanta del Novecento.

GUARDA IL VIDEO

Domenica e gli stornelli

Domenica Russi intona “li sturnillë” di mietitura.
Colledoro (TE), 3 dicembre 2010. Riprese di Fabrice Bernissan, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.

Trasmissione e salvaguardia

Da alcuni decenni ormai la mietitura è meccanizzata. Dice Angelo De Dominicis che “una volta ci si faceva delle belle strufette tra Befaro e Colledoro, tra quelli che mietevano. Oggi è il rombo del motore. Il trattore, il mietitrebbia, canta quello. Quando si lavora quello canta sempre.” È il repertorio di canto antico caduto dall’uso ma progressivamente ricomposto e ricordato attraverso un’attività di ricerca che ne ha rinnovato la pratica, condotta in paese a partire dal 2007.

La naturale propensione musicale della comunità di Colledoro ha dato vita nel 2007 a un progetto partecipato, interamente finanziato e promosso dalla comunità e dal locale Circolo Ricreativo, che hanno sentito insieme la necessità di dedicare al paese e al suo patrimonio “sonoro” un approfondito lavoro di riflessione rivolto alle vecchie e alle nuove generazioni, nel tentativo di ricostruire un bagaglio di conoscenze ancora vivo ma relegato nella memoria individuale e nell’ambito strettamente domestico. Da questo incontro tra presente e passato è nato un disco intitolato “Colledoro. Discendenze di canti e sonate”: un lavoro fortemente condiviso tra i ricercatori (Marco Magistrali e Gianfranco Spitilli) e i membri della comunità.

Oggi il paese continua nella sua attività di riscoperta, centrata in particolare sui repertori per l’organetto e il canto di squadre di suonatori che si muovono prevalentemente in contesti pubblici e festivi. Il canto legato al lavoro agricolo, sebbene riportato alla luce e a una circolazione inter-familiare, resta confinato nel ricordo di pochi anziani e non è praticato se non in un ambito strettamente domestico e in circostanze eccezionali dai cantori di allora.

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