Arti e spettacolo
Suonata a festa
Campane e campanari di Cesacastina
Bronzi sacralizzati dall’uso religioso e rituale, le campane della chiesa di Cesacastina risuonano nelle vallate circostanti nei giorni festivi, quando sono “lanciate” a distesa nel loro caratteristico movimento oscillatorio. Governate dal basso per mezzo di robuste funi, di dominio quasi esclusivo degli anziani del paese che ne hanno ereditato le tecniche esecutive e le suonate, scandiscono il tempo delle cerimonie, delle feste patronali e delle unioni matrimoniali. Ai piedi del monumentale campanile a vela che le sorregge la comunità si raccoglie numerosa per celebrare i suoi momenti di collettiva aggregazione, confortata dal rintocco ritmico dei pesanti batacchi metallici.
Giovanni Toppi, 22 luglio 2018
La campana è un idiofono a percussione battente, generalmente in bronzo, il cui suono è generato dal contatto di un pendolo metallico detto batacchio o battaglio contro le pareti interne dello strumento. Suono culturale comunitario per eccellenza, il rintocco della campana ha assunto, soprattutto in passato, la duplice funzione di raccolta (centripeta) o di dispersione (centrifuga).
Nell’Europa cristiana il suono delle campane delle chiese ha scandito i ritmi della vita quotidiana, del lavoro e della preghiera, codificandosi nei secoli come un efficace sistema di comunicazione a distanza per segnalare i pericoli, le morti, lo scorrere del tempo, il richiamo alle funzioni religiose. La campana è “voce di Dio”, dicevano i contadini dell’Italia centrale; e il potere antitempestario ed esorcistico attribuito al suono del metallo ha contribuito a farne uno strumento largamente impiegato per tentare di allontanare le calamità naturali, i fulmini, la grandine e i temporali, i demoni e gli spiriti maligni.
A Cesacastina, paese di pastori e boscaioli adagiato a più di mille metri di altitudine sopra un pendio prossimo al Monte Gorzano, sui Monti della Laga, la chiesa madre locale è dedicata ai santi Pietro e Paolo. Di probabile origine quattrocentesca, realizzata interamente in pietra arenaria, la chiesa è sovrastata da un imponente campanile a vela per tre campane, tuttora utilizzate; la più antica reca la data del 1717, e da allora è ininterrottamente suonata da generazioni di campanari locali, figure chiave della comunità che nei secoli si sono trasmesse le tecniche, gli stili esecutivi e i repertori necessari a coprire le molteplici funzioni dello strumento.
Le tre campane di Cesacastina sono dette campanella, campana di mezza e campanone; differiscono gerarchicamente fra loro per suono e dimensione, e le diverse caratteristiche che le contraddistinguono influiscono sulla principale tecnica di esecuzione ancora oggi praticata in paese: da terra, con l’ausilio di grosse funi terminanti ad anello annodato per facilitarne la presa, vengono fatte oscillare a slancio da due campanari, secondo una modalità definita localmente a festa. Frutto di una calibrata sincronia di movimenti e di una sequenza sapientemente concatenata di rintocchi, la suonata delle campane a festa si ottiene affidando al primo campanaro il controllo delle campane più leggere, la piccola e la mezza – difficilmente governabili in maniera efficace da persone diverse –, e al secondo la gestione del solo campanone. Quando un campanaro è stanco un altro è pronto a sostituirlo, garantendo così la continuità del ritmo e della melodia codificata.
Giovanni Toppi, campanaro di Cesacastina, è erede di questa antica specializzazione paesana. Come il fratello Luzio, che lo accompagna spesso nelle suonate agitando il campanone, ha appreso la tecnica dal padre Riccardo e dagli anziani del passato. “Uno dei migliori era Francesco Forti”, ricorda; “poi c’erano Mariano Zuccari, Greco Zuccari, e tanti altri, i vecchi prima suonavano tutti, suonavano mezzore intere, senza fermarsi mai”.
Campane a festa
Cesacastina di Crognaleto (TE), 12 agosto 2015. Registrazione di Gianfranco Spitilli, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
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Suonata a festa
Campanile e campane
Foto di Stefano Saverioni,
Cesacastina di Crognaleto (TE), 12 agosto 2015,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.


Suonata a festa
Dante D’Angelo
Foto di Stefano Saverioni,
Cesacastina di Crognaleto (TE), 12 agosto 2015,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.


Suonata a festa
Luzio Toppi
Foto di Giulio Ricci,
Cesacastina di Crognaleto (TE), 12 agosto 2015,
Archivio Giulio Ricci.


Suonata a festa
Coppia di campanari
Foto di Giulio Ricci,
Cesacastina di Crognaleto (TE), 12 agosto 2015,
Archivio Giulio Ricci.


Suonata a festa
Giovanni Toppi
Foto di Giulio Ricci,
Cesacastina di Crognaleto (TE), 12 agosto 2015,
Archivio Giulio Ricci.
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“A festa”
Cesacastina di Crognaleto (TE), 12 agosto 2015. Riprese di Stefano Saverioni, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
Trasmissione e salvaguardia
La pratica appare ancora viva e sentita, soprattutto in occasione delle ricorrenze festive, quando il paese è frequentato dai tanti emigrati che normalmente vivono a Teramo o nei dintorni di Roma. Tuttavia, le competenze relative alle tecniche esecutive delle suonate sono di dominio quasi esclusivo di alcuni anziani della comunità, come Giovanni e Luzio Toppi, discendenti di una famiglia di campanari, o di altri esecutori della vecchia generazione come Mimì Michilli, Fernando Gambini, Domenico Giustiniani.
La debole trasmissione si accompagna a una oggettiva difficoltà generata dal recente sisma, che ha reso inagibile la chiesa per più di un anno e interdetto di conseguenza l’utilizzo delle campane. Recentemente messa in sicurezza, la chiesa e il suo campanile necessitano di interventi di restauro che ne possano ripristinare la piena funzionalità; i campanari sostengono infatti che attualmente le campane “si suonano male”, forse a causa delle alterazioni strutturali causate dalle scosse.
Il terremoto aquilano e quello successivo dell’Italia centrale hanno inoltre causato una drastica riduzione demografica, anche nei periodi dell’anno che ripopolavano il paese durante la stagione estiva e le feste calendariali come il Natale e la Pasqua. In un contesto già logorato da una progressiva perdita degli abitanti residenti, questo fenomeno appare particolarmente negativo e mette a rischio una trasmissione di competenze basata sull’osservazione dei più anziani, sull’imitazione e sull’esercizio costante. Si impara a suonare le campane provando e riprovando, racconta Giovanni Toppi; come ha fatto lui vedendo in azione il padre e i campanari che lo hanno preceduto.