Riti e pratiche sociali

Aprite è Sand’Andonijë

La questua di S. Antonio abate a Penna Sant’Andrea

Di casa in casa, fra contrade rurali e case sparse, le squadre di questuanti portano i loro canti devozionali all’imbrunire. Entrano nelle abitazioni, salutano chi li accoglie, narrano attraverso la musica le storie di Sant’Antonio abate, il potente protettore delle stalle e degli animali domestici, venerato dai contadini. Il fuoco del camino riscalda ogni incontro, vino e biscotti aiutano i girovaghi a proseguire i loro itinerari fino a notte fonda.

“Buonasera a voi signori, qui presente è Sant’Antonio, Sant’Antonio qui presente una visita vi fa / Noi arzilli pellegrini, dalla Penna noi veniamo, il buon Dio ci ha guidati, per le case e le campagne”.
Li Sandandonijrë, 14 gennaio 2018

L’uso rituale della questua cantata in onore di Sant’Antonio abate richiama alcuni elementi della sua biografia, trasmessa da Sant’Atanasio. Nato nel 251 a Koma, in Egitto, e morto a Quolzoum nel 356, il 17 gennaio, all’età di centocinque anni, Antonio conduceva una vita eremitica in luoghi isolati, nutrendosi grazie a offerte alimentari; la sua lotta contro i rumorosi demoni avveniva con l’aiuto del canto e della preghiera. Era inoltre considerato un potente taumaturgo, in grado di guarire da gravi malattie e di liberare dalla possessione diabolica.

L’ordine degli Antoniani fu ufficialmente fondato in Occidente nel 1297, ma l’attività di religiosi ispirati al santo egiziano era radicata già da tempo: i suoi seguaci erano specializzati nella cura dell’ergotismo e nel soccorso ai poveri, accolti in fondazioni e ospedali. Vivevano di questua e allevamento di maiali pubblici – nutriti dall’intera comunità –, per il mantenimento delle strutture e delle terapie a base di grasso di suino. Ammalati e maiali erano annunciati da campanelli, al pari dei suonatori che girano per la questua con un campanello, fissato alla sommità di un bastone. La squadra questuante odierna ripropone inoltre l’immagine del gruppo di eremiti al seguito del santo, o quello degli Antoniani in questua per raccogliere i beni da destinare ai poveri e agli ammalati. Il canto e la musica sono gli strumenti che conferiscono potenza al rituale: secondo le credenze locali purificano i luoghi dalle influenze negative, così come per Sant’Antonio abate erano gli strumenti per sconfiggere il Demonio.

A Penna Sant’Andrea, secondo una tradizione ancora vitale in tutta la Media Valle del Vomano, nei giorni che precedono il 17 gennaio squadre di suonatori e cantori entrano nelle case ed eseguono i canti di questua per la festa di Sant’Antonio abate. È una ricorrenza che coinvolge tutto il paese, le vicine contrade e le case sparse per le campagne. Le famiglie aprono le porte e offrono agli ospiti vino e cellittë – i tradizionali dolci di pasta secca ripieni di marmellata d’uva – in cambio della musica e della benedizione della casa e delle persone che la abitano, degli animali domestici e dei prodotti alimentari ricavati dalla macellazione del maiale. Il rituale si celebra in un’atmosfera di allegria condivisa e di solidarietà, ed è un’occasione per rinsaldare le relazioni sociali e ridefinire i legami che formano il tessuto della comunità: non degnare di una visita canora qualcuno con cui si è in buoni rapporti d’amicizia è considerata infatti, ancora oggi, una forma di offesa. Accogliere le squadre in cammino è invece un onore e viene offerto sempre un rinfresco, assieme a beni alimentari da portare via: salsicce, lonze, formaggi, biscotti e, talvolta, galli, conigli e altri animali vivi.

Nelle campagne di Penna Sant’Andrea è molto diffuso un canto raccolto da Ettore Montanaro, chiamato localmente Don Don, utilizzato durante la questua per sancire l’avvicinamento e l’ingresso nelle case e, a conclusione della visita, per ringraziare e salutare gli abitanti e augurare loro prosperità e abbondanza.

Buonasera a voi signori

Marco Di Blasio, fisarmonica; Augusto Fabri, campanello e tamburo a frizione; Gianfranco Spitilli, campanaccio; Domenico Di Teodoro, organetto a due bassi; Attilio Governatori, sonaglio; Ernesto Serrani, cembalo; Giorgio Sperandii, tamburello.
Penna Sant’Andrea (TE), 14 gennaio 2018.
Registrazione di Emanuele Di Paolo, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.

Ascolta il brano

LOGO CENTRO STUDI EDIZIONI3bianco
1-Penna1-Penna
Aprite è Sand’Andonijë
Don Don
Sant’Antonio abate col bastone e il campanaccio guida “Li Sandandonijrë” di Penna Sant’Andrea nell’esecuzione di un canto domiciliare, in “trasferta” nella vicina frazione di Poggio delle Rose.

Foto di Sergio Florà, Poggio delle Rose (TE), 15 gennaio 2016, Archivio Associazione “Li Sandandonijrë”.
2-Penna2-Penna
Aprite è Sand’Andonijë
L’offerta del coniglio
L’offerta di un coniglio vivo alla squadra di suonatori, al termine del canto di questua.

Foto di Sergio Florà, Poggio delle Rose (TE), 15 gennaio 2016, Archivio Associazione “Li Sandandonijrë”.
Slider-pennaSlider-penna
Aprite è Sand’Andonijë
I galli e le papere
Le offerte di galli e di papere fatte dai contadini alla squadra de “Li Sandandonijrë” di Penna Sant’Andrea durante la questua cantata.

Foto di Enikő Lőrinczi, Penna Sant’Andrea (TE), gennaio 2000, Archivio Associazione “Li Sandandonijrë”.
4-Penna4-Penna
Aprite è Sand’Andonijë
Canto domestico
Un momento di canto nelle case durante la questua.

Foto di Sergio Florà, Poggio delle Rose (TE), 15 gennaio 2016, Archivio Associazione “Li Sandandonijrë”.
Slider-penna2Slider-penna2
Aprite è Sand’Andonijë
Per le case
“Li Sandandonijrë” di Penna Sant’Andrea durante la questua cantata per le contrade e le case sparse del territorio rurale.

Foto di Fabio Graffi, Penna Sant’Andrea (TE), gennaio 2001, Archivio Associazione “Li Sandandonijrë”.

GUARDA IL VIDEO

Il canto d’ingresso

La squadra de “Li Sandandonijrë” entra in una casa di campagna ed esegue il canto di ingresso e di saluto.
Penna Sant’Andrea (TE), 14 gennaio 2018. Riprese di Stefano Saverioni, Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.

Trasmissione e salvaguardia

Le squadre di suonatori che hanno operato negli anni nel territorio di Penna Sant’Andrea sono costituite da uomini o da ragazzi, che hanno appreso dai più adulti i repertori utilizzati durante le questue. La squadra de “Li Sandandonijrë”, costituitasi in associazione culturale dalla metà degli anni Novanta del Novecento, si è innestata sulle vicende di un gruppo spontaneo di amici che nel corso dei decenni non ha mai interrotto la tradizione del canto rituale, ereditandola dai più anziani della comunità.

La familiarità del paese con la pratica del ballo e del canto anche in contesti diversi da quelli legati alle ricorrenze calendariali e alle occasioni cerimoniali proprie della società contadina, come i festival internazionali di folklore affermatisi nell’ultimo cinquantennio, è stata negli anni uno stimolo per la rivitalizzazione dei repertori e la loro circolazione in ambiti temporali e geografici più estesi. Questo fenomeno di riproposta e di approfondimento ha portato alla realizzazione di alcune produzioni discografiche e audiovisive, di mostre e pubblicazioni, alcune dedicate proprio alle tradizioni musicali per la festa di Sant’Antonio abate, come quelle curate dall’etnomusicologo Marco Magistrali, dall’etnocoreologo Giuseppe M. Gala, dall’antropologo Gianfranco Spitilli assieme al documentarista Stefano Saverioni.

La storia dei testi e delle melodie è fatta di continue rielaborazioni: nel corso del Novecento sono stati introdotti o rimodellati diversi canti di questua, come il Don Don o le diverse versioni della cosiddetta Buonasera, o il Tivul’e ’ttavule, a testimonianza della grande duttilità e capacità di adattamento della trasmissione orale, anche attraverso forme di redazione scritta che tornano in seguito a essere veicolate tramite l’oralità.

La pratica del canto itinerante nei giorni che precedono la festa del santo è tuttora molto sentita e viene rinnovata ogni anno, occupando squadre variabili di suonatori, composte anche da una decina di elementi. A questa tradizione ha dedicato molta passione e attenzione il compianto sindaco del paese Antonio Fabri, impegnato in prima persona nei giri di questua come suonatore di tamburo a frizione, il cosiddetto battafochë.

Altri beni nello stesso comune

Organetto_slider
Il legno che canta
La costruzione del “ddu bottë” a Penna Sant’Andrea
5-Laccio
Laccio d’amore
Il ballo del palo intrecciato a Penna Sant’Andrea
5-OrganettoPratica
L’onda del mantice
La pratica del “ddu bottë” a Penna Sant’Andrea
This site is registered on wpml.org as a development site. Switch to a production site key to remove this banner.