Vicino all’antico forno della sua bottega maiolicara, a fianco ai vecchi colori castellani e ai frammenti minerali da cui sono ricavati, una miriade di personaggi del presepe e di fischietti zoomorfi e antropomorfi popola la stanza delle meraviglie di Vincenzo Di Simone. Tra vetrine e calde luci soffuse, muovendosi tra i suoi oggetti come un sapiente demiurgo, l’artigiano soffia nel “becco” in terracotta di ogni figura dando vita, voce e respiro alle sue “creature”, mentre racconta la spinta immaginativa che le ha materializzate.
“I fischietti non si somigliano l’uno con l’altro, capito? Questi li ho fatti a mano, mentre questi li facevano loro, così, con gli stampi, il bersagliere, la scimmia, il leone, per i bambini; con gli stampi li facevano a migliaia, è un altro discorso, con gli stampi si fa subito, metti la terra, premi, pulisci e via. I miei l’uno con l’altro non si somigliano, capito?”.
Vincenzo Di Simone, 29 maggio 2018
Posto ai piedi del Monte Camicia, a 500 metri di altitudine, Castelli è un piccolo borgo noto nel mondo per la sua raffinata produzione ceramica. Secondo l’opinione di molti studiosi tale attività ebbe inizio ad opera dei monaci dell’Abbazia benedettina di San Salvatore intorno al XII secolo, ubicata a monte dell’attuale abitato, con la promozione delle prime produzioni di vasellame di uso comune grazie all’utilizzo dell’argilla locale, di cui è ricco il territorio circostante. L’abbondanza di ulteriori materie prime necessarie alla produzione, come la legna di faggio per la cottura e i giacimenti di minerali e di silice per la realizzazione degli smalti, favorì lo sviluppo delle botteghe artigiane e il progressivo affinamento delle tecniche e degli stili decorativi.
Vincenzo Di Simone è un esperto ceramista, cresciuto assieme ai vecchi maestri artigiani, apprendendo nelle botteghe la pratica di mestiere; abile foggiatore e formatore, produce da sempre in proprio gli smalti e i colori, con i quali il figlio Antonio realizza le sue decorazioni. Appassionato modellatore di argilla, nel tempo libero dalle ordinazioni della sua attività di affermato produttore di maiolica Vincenzo comincia a realizzare fischietti e personaggi del presepe, dai più classici a quelli che davano corpo e materia alla sua fantasia, alle sollecitazioni che riceveva dall’ambiente, dai ricordi, dal “benessere”, come lui stesso definisce quella particolare condizione creativa dalla quale prendono forma le sue statuine. Uccelli fantastici, immaginari o domestici, animali della montagna e di lontananze esotiche, bestie leggendarie e pastori, zampognari e bersaglieri, figure tipiche della dimensione favolistica o del racconto storico, diventano così i protagonisti del suo mondo, materializzato in una stanza allestita al piano più basso della bottega.
Dopo un viaggio in Egitto, tra bassorilievi misteriosi, sculture colossali e stupefacenti architetture, Vincenzo inizia anche a modellare faraoni e figure della statuaria antica, avvinto da “un altro mondo”. È così che varianti castellane di Ramsete II o di dignitari di corte inginocchiati vengono accolti tra la sempre più popolosa collezione di fischietti, partita dai galletti e dagli uccellini e giunta fino alle più lontane profondità della storia mediterranea.
Ogni fischietto ha un suono e una “voce”, che corrisponde in un’intima connessione all’idea creativa che lo ha generato. Vincenzo Di Simone soffia in ciascuno e dice che sono venuti fuori così come li ha “sentiti”, “di getto”, all’improvviso. E il “soffio” dell’argilla modellata e cotta è davvero, in qualche modo, l’anima dell’oggetto, come il soffio vitale delle antiche mitologie e della storia sacra è ciò che rende viva la materia inerte, popolando il pianeta di uomini, animali e piante. Il suono stridulo o cupo, acuto o gutturale, rende il fischietto un emblema sonoro e una creatura della “soglia”, uno strumento che nella cultura popolare ha assunto anche funzioni magiche e psicopompe, di ponte fra diverse dimensioni, fra un regno visibile e uno invisibile, fra vivi e morti, fra oscurità e luce, o viceversa, fra la certezza luminosa della vita reale e l’impalpabile e impenetrabile destinazione di un al di là diverso da tutto ciò che sia possibile immaginare.
Ma a Castelli, un prototipo elementare e miniaturizzato del fischietto, quasi un dente o un minuscolo osso, forato con l’ago, aveva tutt’altra terrena funzione: era il “sordino” degli incontri amorosi, che con il suo sibilo sottile segnalava alla donna la presenza nascosta del suo corteggiatore (“il merlo”) nei pressi della fonte, quando andava giornalmente a prendere l’acqua con la conca.
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L’uccello di argilla
Vincenzo Di Simone durante la realizzazione di un fischietto a forma di uccello.
Castelli (TE), 29 maggio 2018.
Riprese di Stefano Saverioni,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
Trasmissione e salvaguardia
Testimone creativo di un’antica tradizione artigianale italiana, diffusa in numerose regioni e contesti e parte di significative collezioni museali, la produzione di fischietti di Vincenzo Di Simone rappresenta un caso unico nel paese di Castelli, scaturita da una volontà individuale che non si innesta nel solco di una consolidata pratica locale. In questo senso si tratta di un’arte difficilmente trasmissibile, poiché strettamente dipendente dalle competenze e dalla passione di una sola persona.
Iniziative di valorizzazione del suo lavoro furono messe in campo già dal 1998, con una prima mostra per le vie del paese, replicata e ampliata negli anni seguenti; così come la sua maestria è stata oggetto di numerose documentazioni, ricerche e pubblicazioni, in particolare audiovisive, realizzate già degli anni Novanta del Novecento, e proseguite fino ai nostri giorni, per iniziativa di numerosi appassionati, registi, giornalisti, antropologi: da Annunziata Taraschi a Pasquale Giovine, da Dante Albanesi a Stefano Saverioni e Marta Iannetti, per arrivare ai più recenti.
In quanto ceramica sonora a tutti gli effetti, i fischietti di Vincenzo si collocano più ampiamente in quadro mondiale di innumerevoli tradizioni ceramiche rivolte alla realizzazione di dispositivi sonori in funzione rituale e ludica, dalle ocarine ai sifflet, dagli “uccelletti” ad acqua ai segnalatori acustici, dagli oggetti sonori delle culture precolombiane a quelli della Russia ottocentesca, dai giocattoli ceramici di epoca medievale fino ai fischietti della preistoria europea. Molti di questi oggetti hanno dato oggi vita a progetti museali, a centri di ricerca e collezioni, valorizzate nell’ambito di centri espositivi specializzati e di specifiche iniziative, pubblicazioni, cataloghi, mostre e allestimenti tematici: un percorso che anche per i fischietti e i personaggi di Vincenzo Di Simone varrebbe la pena di essere intrapreso.