La tessitura a mano a Campotosto
- Il formaggio del lagoLavorazione del pecorino a Campotosto
AAlimento principe del pastore, il pecorino, assieme alla ricotta, accompagnava gli spostamenti di greggi e uomini seguendo l’alternarsi delle stagioni e dei cicli produttivi. Sull’altopiano e ai bordi del lago di Campotosto, poco distanti dal paese dell’Alta Valle dell’Aterno che al bacino conferisce il suo nome, le greggi pascolano durante la stagione calda. Le mani immerse nel latte alla ricerca della pasta coagulata, sapientemente addensata e raccolta con invisibili movimenti, il pastore modella le forme di cacio frutto di un lungo e incessante lavoro, invariato da secoli nei suoi gesti essenziali e continuamente innovato alla scoperta di soluzioni che ne assicurino la sua continuazione nel tempo.
“C’era più miseria, ma proprio la povertà no, noi si stava a corto di quattrini ma il mangiare non ci mancava, perché con le pecore avevamo formaggio, ricotta, poi si seminava, non ci stavano i cinghiali che ora distruggono tutto; noi mettevamo la segale per il bestiame, però adesso non puoi mettere niente perché distruggono tutto, e allora è tutto abbandonato qui”
Berardino Perilli, 10 agosto 2015
Nell’area del lago di Campotosto, invaso artificiale creato fra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento in seguito alla costruzione di tre dighe per alimentare le centrali idroelettriche della Valle del Vomano, esistevano in passato fertili ed estesi pascoli percorsi da decine di migliaia di capi di bestiame, molto numerosi durante la stagione estiva. Ovini, bovini, cavalli, alimentavano la fiorente attività degli allevatori locali e i movimenti stagionali di animali e uomini, che trasferivano in inverno le loro produzioni nella campagna romana, nella Maremma laziale, nell’agro ternano. Rinomato già dal secolo scorso anche per le “mortadelle” di suino, il territorio dell’altopiano di Campotosto è stato in passato sede di una considerevole torbiera utilizzata per estrarre e produrre combustibile, che contribuiva a fertilizzare i terreni del pascolo e a renderli particolarmente adatti all’allevamento.
Ricchi tuttora di tarassaco, timo ed erba cipollina, i terreni attorno al lago alimentano gli ovini di razza Sarda, Sopravissana o di Gentile di Puglia, allevati all’aperto e in libertà. Non tutte le aziende praticano ancora la transumanza, attualmente effettuata con autocarri; durante il periodo invernale le greggi di origine locale sono mantenute prevalentemente in stalla e si adattano al clima e all’alimentazione della stagione fredda.
La preparazione di formaggio di pecora, unitamente alla ricotta, ha occupato da sempre una porzione significativa delle attività casearie locali. I pecorini prodotti nella zona rispondono a tecniche particolari elaborate dai singoli pastori, che li diversificano fra loro per tipologia e varietà; in termini più generali le lavorazioni seguono alcune procedure comuni, condivise da tutti i caseificatori: mungitura (spesso manuale), filtrazione del latte, riscaldamento per quindici/venticinque minuti a una temperatura di circa 40°, aggiunta del caglio naturale ricavato dallo stomaco dell’agnello, del capretto o anche della pianta del cardo, rottura della cagliata, eventuale raccolta per produrre la giuncata, riscaldamento della cagliata per quindici minuti circa a una temperatura che oscilla fra i 40° e i 45°, raccolta della pasta di formaggio, inserimento e compressione nelle sfruscelle per lo spurgo del siero, ribollitura del siero per produrre la ricotta, salatura, essiccazione e stagionatura delle forme su tavole di legno per periodi variabili da alcuni mesi a più di un anno.
- Gregge di pecore a riposo nei pressi del lago, in attesa della mungitura.
Foto di Gianfranco Spitilli,
Campotosto, 10 agosto 2015,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.Gregge a riposoIl formaggio del lago - Un gregge di pecore al pascolo sulle sponde del lago durante il periodo autunnale.
Foto di Stefano Saverioni,
Campotosto, 28 settembre 2015,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.Pecore e lagoIl formaggio del lago - Alcuni momenti della mungitura manuale all’aperto durante la stagione estiva.
Foto di Gianfranco Spitilli,
Campotosto, 10 agosto 2015,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.MungituraIl formaggio del lago - Fasi di addensamento e raccolta della pasta cagliata.
Foto di Gianfranco Spitilli,
Campotosto, 10 agosto 2015,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.Raccolta della pasta cagliataIl formaggio del lago - Inserita in appositi contenitori traforati, detti sfruscelle, la pasta di formaggio viene pressata e scolata per eliminare il siero e l’acqua residua.
Foto di Gianfranco Spitilli,
Campotosto, 10 agosto 2015,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.Pressatura e scolaturaIl formaggio del lago
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La raccolta della pasta cagliata
Fase di raccolta e risciacquo della pasta cagliata prima della pressatura.
Campotosto (AQ), 10 agosto 2015.
Riprese di Gianfranco Spitilli,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
Campotosto (AQ), 10 agosto 2015.
Riprese di Gianfranco Spitilli,
Archivio Centro Studi Don Nicola Jobbi/Bambun.
Trasmissione e salvaguardia
La produzione del formaggio di pecora a Campotosto ha risentito delle difficoltà causate dalla disastrosa combinazione fra sisma e maltempo, culminata nell’eccezionale nevicata del gennaio 2017, quando il territorio fu congiuntamente sottoposto a una sequenza di scosse di elevata magnitudo che causarono, assieme al peso della neve, il crollo di numerose stalle e la morte complessiva di diecimila animali in tutta l’area colpita. La Coldiretti ha stimato danni nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento per un valore di oltre cinquantadue milioni di euro. Le difficoltà di tutto il territorio, pesantemente spopolato e in parte inaccessibile per il pericolo di crolli e per le strade e i centri storici chiusi al transito anche solo pedonale, hanno provocato una drastica riduzione delle vendite che ha colpito maggiormente i rinomati formaggi e salumi e, assieme, i saperi e le pratiche ad essi correlati.
Si tratta pertanto, allo stato attuale, di un patrimonio fortemente a rischio, tenuto in vita da alcuni allevatori che nell’area del lago continuano la loro produzione in condizioni di estremo disagio ma con rinnovata determinazione. Aziende storiche o più giovani, che hanno investito nel settore con coraggio e legandosi alla trasmissione di saperi intergenerazionali stratificati da secoli, producono con perizia varie tipologie di formaggi di pecora, con caglio animale o anche vegetale, come il “caciofiore” aquilano, ottenuto utilizzando la coagulazione prodotta dalla pianta del cardo, che ha anche ricevuto premi e riconoscimenti internazionali nella versione proposta dall’azienda La Mascionara, fra le più antiche insediate nel territorio. L’innovazione è peraltro un elemento importante quanto la trasmissione, per la sopravvivenza delle attività di caseificazione: è da segnalare, in questa direzione, la produzione di un pecorino senza lattosio detto Galattico, in cui un particolare enzima trasforma il lattosio in galattosio rendendolo digeribile anche a soggetti intolleranti.
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